My Window (2023) è una preziosa collezione di suggestioni, melodie e armonie suonate con delicatezza ed eleganza che colpiscono e fanno emozionare. Basta aprire la finestra per far entrare la musica del giovane compositore britannico Demian Dorelli.

L’artista

Non è ancora molto conosciuto e su internet si trovano poche informazioni, sempre le stesse: nato e cresciuto a Londra, porta un cognome di chiare origini italiane, poiché il padre è stato un fotografo italiano impiantatosi nel Regno Unito e sua madre una ballerina di danza classica inglese. Una famiglia dove Demian ha respirato l’arte nella sua quotidianità fin da piccolo. Si appassiona alla musica ascoltando gli LP del padre e poi scopre il pianoforte, prima seguendo la preparazione classica in conservatorio, poi il jazz e la musica contemporanea. In ogni sua composizione si ritrovano elegantemente mescolati questi elementi: una preparazione solida, classica e la ricerca della melodia si uniscono all’armonia jazz e ad una struttura della composizione minimalista e new age.

Dorelli vanta diverse collaborazioni all’attivo tra cui quella con Pacifico (per il brano “Canzone Fragile” dall’album Bastasse il Cielo del 2019), Alan Clark (Dire Straits) e Simone Pace (Blonde Redhead). Il suo primo album Nick Drake’s PINK MOON, a Journey on Piano (2021) pubblicato con l’etichetta milanese Ponderosa Music & Art, ha riscosso un discreto successo sia tra la critica che tra il pubblico.


Un omaggio che Dorelli fa ad una celebre canzone di Drake, direttamente dallo studio di casa sua.

La copertina di "Nick Drake's PINK MOON, a Journey on Piano"

Il disco

Demian Dorelli ha presentato integralmente il disco a Milano, in Italia, a Maggio 2023 con un concerto all’alba nel suggestivo piazzale del Cimitero Monumentale ed inserito nel festival pianistico Piano City Milano.

Demian Dorelli in concerto al Cimitero Monumentale di Milano


Per My Window si è lasciato ispirare dal pittore e disegnatore inglese David Hockney, il quale ha raccolto in un’unica opera un insieme di disegni realizzati tra il 2009 ed il 2012 utilizzando iPad e iPhone e raffiguranti alcune “percezioni del mondo” osservate dalla finestra di casa sua nello Yorkshire, chiamandola appunto My Window. L’idea che le opere fossero state realizzate utilizzando uno strumento così nuovo come l’iPhone nel 2009 ha colpito molto il pianista britannico, che ha deciso di selezionare 9 quadri e realizzarne una trasposizione musicale. A distanza di due anni, Demian si lascia alle spalle il viaggio verso la luna rosa di Nick Drake ed intraprendere un viaggio più intimo e introspettivo, rimandendo proprio nel salotto di casa e guardando fuori dalla finestra.


Questa scelta compositiva e di ispirazione ricorda un po’ Quadri di un’esposizione, celebre opera del compositore russo Modest Petrovic Musorgskij, di fine ‘800. Anche lui, come Dorelli, compose una raccolta di brani per pianoforte (una suite) lasciandosi ispirare da una mostra di quadri svoltasi all’Accademia Russa di Belle Arti di San Pietroburgo in onore dell’amico pittore e architetto Viktor Aleksandrovič Hartmann, morto nel 1873. Musorgskij decise di trasporre in musica 10 tra disegni e acquarelli che Hartmann aveva realizzato nei suoi numerosi viaggi. Ad oggi purtroppo queste opere sono andate quasi tutte perdute, ci rimane la visione musicale dell’amico Musorgskij.


Questo brano è il quadro conclusivo dell’opera ed è ispirato ad una raffigurazione della grande porta della città di Kiev. Di questo abbiamo anche l’opera figurativa da cui è tratto.

"La Grande Porta di Kiev" di Viktor Hartmann


A caratterizzare le opere di Musorgskij e di Dorelli è il tema unico ed allo stesso tempo eterogeneo. Per entrambi il pittore di riferimento è uno solo ma la visione è sempre diversa, permettendo di ampliare i temi trattati ed il carattere di ogni singolo quadro.

Per questo disco ho acquistato la versione in vinile in un negozio di dischi abbastanza noto a Reggio Emilia e sono rimasto piacevolmente colpito sia dalla qualità di registrazione e di suono che dalla ricca varietà di immagini all’interno del disco. Nella cover dell’album sono riportate 9 immagini realizzate dall’illustratore e pittore italiano Franco Matticchio (che già aveva curato il precedente album di Dorelli e che ha accettato ben volentieri di continuare questo sodalizio artistico) e che rappresentano i 9 quadri scelti dal pianista. Interessante il fatto che Matticchio non è stato ispirato né dalla musica né tantomeno dai disegni di Hockney per realizzare le sue illustrazioni ma soltanto dal titolo delle opere. Questo processo è interessante poiché ha portato alla realizzazione di due opere indipendenti, mediante due diverse forme d’arte entrambe ispirate dalla personale visione del mondo degli artisti. Le windows in effetti sembrano essere in questo caso diverse, diversi strati e diverse chiavi di lettura per vedere lo stesso piccolo pezzo di mondo.

La raffigurazione che Matticchio ha fatto della title track, poi scelta come copertina del disco, rappresenta un giovane ragazzo che apre una finestra su di se, a voler mostrare un mondo interno fatto di emozioni, ora semplici e viscerali ora complesse e difficili. In effetti questo è il destino dell’artista: cercare di dare forma alle emozioni che animano ogni essere umano. Credenza comune è che la musica, tra tutti i linguaggi artistici, permette di esprimere in maniera più diretta i sentimenti che ci animano. Demian Dorelli fa proprio questo: attraverso uno stile mutuato dalla Musica Classica e dal Jazz spalanca la finestra del suo mondo. Le emozioni diventano suoni impalpabili ed eterei, melodie aggraziate e minimaliste ostinate e tormentate; cariche di sentimenti viscerali proprio come le nuvole di alcune illustrazioni presenti nel disco così soffici eppure, alcune volte, portatrici di acqua e tempesta.

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Il disco è stato registrato in una sessione di cinque giorni tra i vigneti di Negramaro nel celebre studio di registrazione Sudestudio di Guagnano, in Puglia, con il supporto di Alberto Fabris, produttore di successo, già affermatosi con Ludovico Einaudi.

Lo stile new age e minimalista di Ludovico Einaudi e di Philip Glass è in effetti caratterizzante anche dell’opera di Dorelli. Non solo quindi le cellule ritmico-melodiche ripetute all’infinito, che creano un mantra catartico che tutto avvolge, solleva e dissolve, ma anche la cura del suono ed il supporto costante dell’elettronica, che si inserisce negli spazi vuoti lasciati dalle limpide note del pianoforte.

A queste caratteristiche si aggiunge un’armonia che è sempre chiara e mai impastata, ora a servizio della melodia e ora indipendente. Ascoltandolo con attenzione si può notare come molto spesso le singole note suonate dal pianoforte siano mantenute molto di più della durata stessa della nota, come a voler assaporare ogni armonica che si sprigiona dal suono appena generato. Tutto questo rende l’atmosfera più rarefatta ed eterea. Melodie che rallentano fino a fermarsi, sospese come il sole di mezzanotte nelle baie nordiche della Scandinavia. Melodie che poi ripartono cantabili e danno linfa vitale all’intera composizione.

In un’intervista che si può trovare online su YouTube fatta al compositore britannico si può notare sullo sfondo, tra i dischi della sua collezione, una copia dell’LP del The Koln Concert di Keith Jarrett (1975) in bella vista. L’album pietra miliare del Jazz moderno è un punto di riferimento per Dorelli, naturalmente attratto dai grandi maestri del Jazz. Il concerto di Colonia di Jarrett è il punto cardine di riferimento di un certo tipo di musica e di pianismo.


Alla base del successo di questo disco c’è l’idea che il pianista, da solo, possa improvvisare per più di un’ora sul palcoscenico di un grande teatro e che il flusso di note che esce dalle corde del pianoforte Bösendorfer, espressione dell’anima dell’artista in quel preciso momento, entri in risonanza con l’ascoltatore che oggi, come nel 1975, ascolta questo capolavoro.

Dorelli come Jarrett prima di lui usa l’espediente della musica minimalista, ripetendo cellule ritmiche e melodiche, sia per tracciare pennellate sonore che costruiscono un quadro d’insieme, sia come un mantra continuo, che si ripete infinite volte, fino a farti entrare in connessione con l’emozione stessa che l’artista voleva trasmettere.

Questo disco mi ha colpito particolarmente, non solo per la capacità compositiva di Demian Dorelli ma anche per i numerosi layer di lettura e di interpretazione che questo album si porta dietro, creando spunti di riflessione, rimandi importanti ad altri artisti e anche la possibilità e la capacità per niente scontate di saper legare la musica alle altre arti.

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