Lucio Corsi viene dalla mia stessa terra, la Maremma e ricordo ancora quando suonava per noi al Liceo. Il pubblico era poco ma già ai tempi si sentiva nella sua musica qualcosa di familiare e di nuovo allo stesso tempo, si percepiva già il futuro. Il tempo è passato più o meno rapidamente e di strada Lucio ne ha fatta. La Gente che Sogna (2023) è il terzo album registrato in studio, dopo Bestiario Musicale (2017) e Cosa faremo da grandi? (2020), che già avevano riscosso successo portando Lucio alle luci della ribalta del panorama del nuovo “cantautorato glam” italiano.

L’artista

In questo caso il cantante lo conosco di persona, tuttavia vale la pena astrarsi e fare un ragionamento più ampio, per inquadrare Lucio come artista, solamente per ciò che emerge dalle sue canzoni e dalla sua musica. Probabilmente per chi di voi leggerà questo post nel futuro non ci sarà bisogno di inquadrare nulla e nessuno e le cose che dirò vi risulteranno ovvie. Tuttavia vale la pena soffermarsi pochi minuti per utilizzare le osservazioni scritte sotto come chiave di ascolto anche per i dischi successivi.

Non possiamo parlare di Lucio Corsi e non citare i grandi maestri da cui ha tratto ispirazione sia per lo stile glam che sfoggia in videoclip e concerti sia per la musica che scrive. Affondando le radici nella musica degli anni ‘70 (straniera e nostrana), Lucio ha costruito una poetica che lo contraddistingue fatta di cliché, analogie e tematiche che sono la sua firma. Se si ascolta la discografia fino a La Gente che Sogna (includendo anche i suoi primissimi EP e i singoli) è abbastanza chiaro come il timbro, lo stile e i testi si sono fatti sempre più raffinati e maturi, pur mantenendo dei punti saldi come un filo rosso che attraversa ogni canzone.

L’ispirazione di Lucio c’è da cercarla più nel passato della musica rock piuttosto che tra i suoi contemporanei. I suoi padri putativi sono senza ombra di dubbio le colonne portanti del glam rock degli anni ‘70, due tra tutti David Bowie e Lou Reed e perché non citare il nostro Renato Zero. Da Bowie e Reed pesca a piene mani e così anche da Ivan Graziani, Lucio Battisti e Lucio Dalla. L’accoppiata chitarra voce, configurazione perfetta per ogni cantautore da Bob Dylan in avanti accompagna spesso temi apparentemente nosense che nascondono altre chiavi di lettura. Così abbiamo individuato quasi tutta la storia della musica moderna (e qualcuno potrebbe gridare all’ovvietà) ma sentirete come risuonano gli echi di questi grandi del passato in ogni disco di Lucio. Luciano Berio parlava di ricordo al futuro nelle sue composizioni, intendendo che le ispirazioni per le sue opere (capolavori unici di avanguardia) arrivavano dallo studio di quei compositori che più di tutti avevano saputo intuire il futuro attraverso creatività ed visione. C’è poi da dire che un sodalizio particolarmente fortunato è quello che Lucio ha stretto con Francesco Bianconi, frontman e penna dei Baustelle, gruppo simbolo dell’Indie-Rock italiano (toscani anche loro). I Baustelle e Bianconi sono diventati per Lucio un trampolino di lancio verso palchi sempre più importanti.


Avendo chiarito (forse ?) dove si colloca Lucio Corsi nel panorama musicale italiano possiamo iniziare l’ascolto!

Il Disco

Come ogni disco di Lucio uscito fino a questo momento (compresi EP e singoli vari) la copertina è stata realizzata dalla madre. Stavolta l’immagine scelta non è onirica e fantastica come nei precedenti dischi ma rappresenta una ballerina seduta, assorta nei pensieri e sognante. Sembra uno studio di Degas ma, come quasi sempre accade, il quadro rappresenta una scena descritta nelle canzoni del disco (La Danza Classica è uno dei brani del disco).

Radio Mayday: ci risiamo, ancora una volta il protagonista si è perso nello spazio. Stavolta però il Major Tom di turno si è lanciato di propria iniziativa, seguendo un segnale radio di un emittente extraterrestre. La terra rappresenta il luogo degli errori e degli sbagli, meglio lasciar perdere e andarsene. Il tema degli alieni e dello spazio era già comparso nelle canzoni di Lucio (Lepre, Alieni) e non poteva essere altrimenti vista l’enorme influenza di Bowie. Tuttavia gli anni di Space Oddity (1969) sembrano remoti e il nostro cosmonauta non è perso su una scatola di latta attorno alla terra, in balìa degli eventi, ma è consapevole che non farà più ritorno ed è stato lui stesso a volerlo. Vedendo come va il mondo non c’è più interesse a rientrare in orbita. Come dargli torto?

Astronave Giradisco: bella questa cosa che una canzone contiene all’interno l’elemento principale della canzone precedente:

Anche il satellite d’amore di Lou Reed

Come Maria che appare in tutte le frequenze

Radio Mayday passava l’ultima hit

Space vibrations

Questo brano è più in linea con i brani di Lucio che conosciamo bene: alieni, navicelle spaziali, tipi verdi ma con uno spiccato gusto musicale e Lou Reed. Però il significato è più profondo ed ha radici ecologiche.

Nel mondo senza difetti

Dove gli umani erano gli unici assenti

Dove le statue camminavano

Per stare al passo coi tempi

Non a caso il mondo senza difetti è quello privo di Homo Sapiens Sapiens.

Magia Nera: la situazione si fa seria e qualcosa si incrina nel mondo colorato di Lucio. Un tarlo si innesta nella poetica del cantautore maremmano, l’ansia per il tempo che passa e l’incertezza verso il futuro. A chi non è mai capitato di provare la terribile sensazione di quando il cielo sembra caderti addosso. Tuttavia nella poesia basta poco e la seconda strofa cambia il senso a tutto il brano, di fatto è la negazione della prima. Con un twist i dubbi e gli sconforti prendono una piega diversa.

Vale la pena sottolineare che i video sono stati scritti e diretti da Tommaso Ottomano, fedele compagno di Lucio e regista già conosciuto negli ambienti musicali del rock tricolore (e non solo!). Nel suo curriculum di tutto rispetto il giovane regista vanta realizzazioni di spot di alta moda e film, nonché la direzione del videoclip dei Maneskin con Tom Morello SIP! THE GOSSIP!.

La Gente che Sogna: un vero inno al sogno, sia come mezzo di evasione dalla tiepida realtà sia come strumento di immaginazione e fantasia. Mi sono divertito a trovare una frase che può essere a tutti gli effetti intesa come firma di Lucio Corsi: “Un albergo non è altro che il pronto soccorso del sonno”.

Ma non riesci a chiuderе i conti col mondo e la realtà

Il cielo nella finestra è buio e tetro

Ma è necessario un incubo per svegliarsi con sollievo

Orme: a mio avviso il brano più bello. Nella intro realizzata con gli archi io ci sento un richiamo di Carry That Weight dei Beatles (Abbey Road, 1969). Anche se non è voluto e anche se è proprio accennato mi piace pensare che i due brani siano in qualche modo legati dallo stesso tema di fondo: ognuno di noi si porta dietro il peso di una vita, sia questa breve, lunga, ricca o povera. La vita di è spesso segnata da orme, graffi, ferite ma anche premi.

Certe orme sono ferite sulla riva

Che non spariscono con le onde

Ma restano stampate sulla pelle a vita

Con semplicità viene espresso un concetto poetico e profondo almeno quanto la vita.

La Bocca della Verità: un bell’omaggio al nostro Renato Zero (e stavolta credo sia voluto!). Interessante che abbia inserito frasi in giapponese che fanno da contro canto alla voce principale. Qua sotto la traduzione:

Se la realtà è una bugia

Se Monnalisa non avesse sentimenti (ooh)

perché siamo

Non so nemmeno cosa stai dicendo

Non sei stupido?

[…]

Basta! Interrompi già la registrazione

interrompere la registrazione

Glam Party: un inno omaggio all’anticonformismo, tema caro a questo genere di musica. Ognuno deve essere libero di esprimere se stesso e la propria natura, senza che gli altri si sentano in dovere di giudicare, sempre attuale.

La Danza Classica: la ricerca di una donna che non esiste o che ancora non si conosce è il pretesto per ritornare alla luna, uno dei tòpoi più amati da Corsi. La luna è da stata compagna e musa ispiratrice di molti poeti, luce di riferimento anche nelle notti più scure. Nel ritornello viene gridata una richiesta d’amore autentico e disperato:

Sono anni che nessuno mi trasforma in qualcos’altro.

Un Altro Mondo: a metà tra un sogno ed un’esperienza post morte. L’autore si interroga se ci sia un altro mondo (dopo la morte? o quando si dorme?). Ad incupire ancora di più la scena è una frase inserita nel mezzo del brano.

Che esista un altro mondo io non ne dubito

Basta credere agli occhi

Credere agli occhi anche quando si chiudono

Nel bicchiere di vetro c’è la sofferenza

Per essere quasi nato fantasma

E vede le nuvole più vuote che piene, eh-eh-eh, eh-eh

Piangendo mischia le sue lacrime all’acqua

Conclusione

In verità questo disco più dei precedenti è ricco di malinconia e per questo, a mio avviso è ancora più bello, perché più profondo più sofferto, vero e a tratti fantastico. Stavolta Lucio non canta più di lepri, upupe o personaggi mitici frutto della sua fantasia, bensì racconta di cose, cose che evocano emozioni e soprattutto parla dei sentimenti che lo tormentano e lo rassicurano. E che in fondo tormentano e rassicurano ognuno di noi. Bravo!

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